Psicologia Ambientale e Terapie di Supporto (parte 1)
- Francesco Parretti
- 19 gen
- Tempo di lettura: 4 min
Saggio personale proposto come tesina per UniPSI (Università Popolorare di Scienze della salute, Psicologiche e Sociali di Torino).

INTRODUZIONE
Il saggio da me qui proposto si colloca nell’ambito degli studi di quella che ad oggi è conosciuta come psicologia ambientale, ovvero quel settore della psicologia moderna che si occupa delle relazione fra individuo e territorio. Nello specifico la psicologia ambientale cerca di riflettere sulle influenze dell'ambiente, sia questo artificiale che naturale, collocate nel quadro psicofisico e comportamentale dell'individuo. La psicologia ambientale è una scienza che studia gli effetti delle transizioni tra l’essere umano, la società e l’ambiente in cui essa si colloca. All'interno di questo approccio troviamo dunque lo stesso fenomeno caro alle materie naturopatiche, ovvero lo studio del comportamento umano ai fini della ricerca di una migliore qualità di vita. L’ambiente, inteso come l’insieme delle caratteristiche fisiche, sociali e culturali, possiede, infatti, una grande influenza sul benessere umano e ne condiziona fortemente i comportamenti. A livello cognitivo e comportamentale ad esempio, la memoria, l’apprendimento e l’attenzione variano e vengono influenzate sia in positivo che in negativo dall’ambiente. Così come emozioni, sentimenti e affetti a loro volta variano e si modificano proprio in base al luogo di riferimento.
Questo elaborato nasce da riflessioni personali maturate nel corso degli anni e ispirite da un'intima necessità di comprendere il paesaggio urbano, l'architettura e i modelli sociali. L'interesse principale era quello di evidenziare le lacune e tutti quegli aspetti di formazione individuale, che sarebbero andati perduti dal distacco della dimensione naturalistica, selvaggia e incontaminata di certi ambienti. In questo senso ho trovato di grande interesse l'approccio naturopatico a nuove forme terapeutiche di supporto, come ad esempio la terapia forestale (Shinrin Yoku) ideata dal dott.Qing Li, medico e immunologo giapponese. Gli effetti benefici sulla salute che derivano dall’esposizione agli ambienti forestali sono noti da decenni, tanto che in alcuni paesi la terapia forestale ha un ruolo riconosciuto nella prevenzione medica, con risultati psicofisici confermati da protocolli scientifici.
Da sempre mi sono interrogato su quali siano gli elementi decisivi che influiscono sulla necessità di uno spazio proprio, intimo, sicuro e terapeutico. La voglia di evasione dagli ambienti urbanizzati, sempre più diffusa nell'opinione comune è al centro di questa mia ricerca. Quali sono le influenze che edifici, suoni e società, esercitano sull'individuo? Come risponde l'individuo a questa serie di informazioni? Perchè si è portati istintivamente a gradire gli spazi verdi e respingere quelli artificiali? Come e perchè possono cambiare le nostre percezioni in luoghi non ancora contaminati da presenza umana? Esiste una forma di coerenza energetica, intesa come dispendio psichico, emotivo e corporeo quando si entra in contatto con un determinato ambiente? Tante domande in sintesi, che corrispondono all'esigenza di maturare riflessioni sul senso del vivere gli spazi, ma anche su atteggiamenti volti a promuovere l'ambiente in un'efficace relazione uomo-natura.
Ringrazio di cuore mia moglie e tutta la mia famiglia per l’indispensabile sostegno.
SVILUPPI STORICI
Sebbene la psicologia ambientale sia una disciplina di origine recente, le necessità di ricercare un equilibrio tra benessere personale e ambiente sono da ricondursi all'origine dell'uomo. Si tratta di una memoria collettiva che dall'uomo primitivo perdura sino ai giorni nostri. “L'abitare comincia con il delineare i confini” (Le Corbusier,1926). L'uomo ha sempre avuto l'esigenza di delimitare lo spazio per una necessità di controllo e protezione. E' solo con le prime grandi Civiltà che si capì quanto fosse importante vivere certi spazi in funzione del benessere, aggiungendo al connotato di protezione quello di aggregazione e includendovi le prime forme di senso estetico. Le strutture adibite ai culti religiosi furono molto probabilmente il pernio della collettività in funzione di questa ricerca. L'origine della necessità personale di elevazione, equilibrio, benessere, spiritualità e condivisione, potrebbe essere la prima vera forma di consapevolezza dell'abitare. Alcune discipline filosofiche vennero poi sviluppate da certe culture per raffinare ed espandere questo concetto. Possiamo citare in questo senso l'arte cinese della geomanzia e della disposizione conosciuta come Feng Shui, l'omonimo indiano del Vastu Shastra o quello greco chiamato Geomanteia. Connettere una qualche forma divinatoria all'architettura e agli spazi, divenne motivo di ricerca per molte Civiltà. “L'ingrediente del rito e del mito è una costante che torna ciclicamente al centro degli interessi collettivi nell'eterna riflessione del perchè noi costruiamo e occupiamo certi spazi” (Caprioglio,2022).

Bisognerà tuttavia attendere la metà del Novecento perchè l'argomento fosse discusso e preso in considerazione anche in ambienti accademici. I primi studi sul tema dell'abitare erano inizialmente classificati all’interno della psicologia architettonica, il cui scopo era migliorare il benessere delle persone a partire dal design e dall’architettura degli edifici. Negli anni '60 l’attenzione delle persone si sposta sempre più verso l’ambiente naturale e le sue condizioni: è in questo contesto che aumentano le ricerche nell’ambito della psicologia ambientale, in particolare sulle problematiche legate all’attività umana, all'influenza negativa del boom edilizio e all'inquinamento. Una sorta di forma di psicologia legata all'architettura e all'ingegneristica che andava concentrandosi soprattutto sui problemi dell’ambiente costruito e dell'ecologia. Il problema legato al peggioramento della salute e al benessere individuale prima e collettivo poi, dovranno attendere almeno un altro ventennio. A porre l’accento su queste tematiche furono Mehrabian e Russell (1974) che utilizzarono nelle loro ricerche gli strumenti della teoria sociale cognitiva, la branca principale nella psicologia contemporanea, per lo studio della personalità e dei sentimenti nel contesto urbano. I due studiosi ipotizzarono infatti che gli stimoli fisici e sociali presenti nell'ambiente fossero diretti espressamente allo stato emozionale di una persona, costringendola per influenza ad un cambio di comportamento. Canter (1997) superò poi il concetto psicoanalitico del problema avviandosi verso una visione olistica di luogo che abbraccia e supera i fattori sociali nell'analisi. Una ricerca, la sua, che avrebbe ricondotto alla riscoperta delle interazioni tra il comportamento umano, le emozioni e l'ambiente, già caro a molte civiltà del passato, per porre l'accento sulla dimensione moderna.
Come evidenziato da Susan Clayton (2012), la psicologia ambientale enfatizza quest'oggi alcuni temi spesso trascurati dalle altre aree della psicologia, come appunto la necessità di comprendere i comportamenti delle persone nei contesti fisici e spaziali dove essi si trovano e il riconoscimento della relazione di reciproca influenza tra le persone e questi ambienti. L’importanza della dimensione architettonica e urbana, è oggi sinonimo di umanizzazione, ed è un problema sempre più crescente se visto in ottica di sostenibilità e cura degli spazi che tutti noi siamo portati a vivere.
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