Psicologia Ambientale e Terapie di Supporto (parte 2)
- Francesco Parretti
- 19 gen
- Tempo di lettura: 4 min
PERCEZIONE E COGNIZIONE DELL'AMBIENTE
Contrariamente a quanto si potrebbe immaginare, lo spazio circostante l'individuo, specie in ambito umano, non viene ne percepito in maniera chiara dal soggetto, ne processato fedelmente. La rielaborazione degli stimoli ricevuti si realizza, al contrario, attraverso significative distorsioni e incompletezze. C’è una forma di conoscenza che attiviamo semplicemente camminando, un'istruzione che interpella sensorialmente tutta la persona e che nella psicologia contemporanea viene definita mappa cognitiva. Questo modello di riferimento è puramente soggettivo, non è dunque uguale per tutti e serve a fornire l'orientamento attraverso il quale muoversi nell'ambiente e nello spazio che ci circonda. La mappa cognitiva, in psicologia è formata da almeno cinque elementi: i percorsi (spazi comuni, strade, marciapiedi ecc.); i bordi (elementi di confine, muri, cancelli, recinzioni ecc.); i distretti (quartieri, cittadelle ospedaliere, distretti commerciali ecc.); i nodi (punti di intersezione tra i distretti, semafori, rotonde, incroci ecc.); i punti di riferimento (elementi rilevanti, edifici significativi, monumenti ecc.). Questo meccanismo si autoregola in base alla propria percezione sensoriale, in special modo attraverso il senso tatto-vista, che comunica in connessione con la materia circostante. Abbiamo nozioni di spazio e distanza solo attraverso questo tipo di intelligenza corporea. Ovviamente quando parliamo di mappa cognitiva non ci si riferisce solo ad ambienti urbani, ma a tutto ciò che in generale circoscrive la dimensionalità dell'individuo. Sentieri, alberi, rocce, vette, una mappa cognitiva è semplicemente un tipo di rappresentazione mentale che serve ad acquisire, codificare e memorizzare le informazioni sulle posizioni e gli attributi di un qualsiasi ambiente.
La rappresentazione dello spazio può essere ulteriormente suddivisa in sequenziale o parallela. Quando immaginiamo un percorso come una successione di elementi, ad esempio diamo informazioni stradali, si utilizza la rappresentazione sequenziale, quando lo figuriamo nella sua globalità, come una mappa dall’alto, usiamo quella parallela. La facilità con cui, arrivati in un nuovo ambiente, riusciamo ad orientarci e a crearne una mappa mentale ne determina la leggibilità, un parametro importante, fortemente connesso con la facilità di fruizione dello spazio. Nel corso delle ricerche in campo analitico si è dimostrato che le mappe cognitive non sono affatto fedeli alla realtà. La mente tende a sottostimare l’irregolarità dei tragitti, raddrizzando, semplificando e regolarizzando i percorsi secondo parametri egocentrici (Moar, 1983). Il fenomeno dell’egocentrismo delle mappe cognitive si applica anche alla percezione della distanza. Maggiore è il numero di informazioni che dobbiamo esaminare durante l’esplorazione di un percorso, maggiore tende ad essere stimata la distanza tra il punto iniziale e quello finale. Stadalla e Staplin (1980) formularono alcuni esperimenti che hanno confermato queste teorie e dimostrato che stimiamo un percorso tanto più lungo quanti più angoli, incroci e irregolarità si incontrano rispetto alla stessa distanza percorsa secondo una retta.
In questo senso sono importantissime le mappe e la loro funzione di orientamento ed educazione. Esse permettono all’osservatore di comprendere la sua posizione nell’ambiente che lo circonda e la loro utilità è allenamento per la cognitività e per lo sforzo richiesto per la loro lettura. Interessante notare come nei secoli la loro utilità non sia cambiata bensì si sia adattata all'uso comune semplificandosi al massimo. Rispetto alle mappe del passato, le mappe moderne risultano molto più intuitive grazie all'uso di estreme esemplificazioni, che non rappresentano certo la realtà, ma forniscono un senso comune di orientamento. Un esempio calzante sono le mappe all'interno di centri commerciali, ospedalieri o di metropolitane: linee rette, segmenti, mancanza di curve, snodi ben evidenziati e colori diversi.

Un ulteriore argomento che rientra nello studio della percezione e cognizione dell'ambiente è la prossemica, ovvero la scienza dei comportamenti e delle distanze all'interno di una comunicazione, sia questa verbale che solo visiva. Psicologicamente la percezione di se stessi non si esaurisce con lo spazio occupato dal proprio corpo, ma si estende ad un territorio circostante variabile a seconda del soggetto e più o meno ampio a seconda delle circostanze in cui si trova. Questo spazio è solitamente conosciuto come area personale ed è fortemente influenzato dalla formazione culturale e antropologica dell'individuo. Le distanze di una relazione per la cultura anglosassone è molto superiore rispetto a quella delle culture latine ad esempio. Molti studi hanno poi dimostrato che minore è la distanza tra due individui, maggiore sarà il numero di dettagli sensoriali e cognitivi che la mente si trova a elaborare, a discapito anche di un notevole dispendio psichico (e quindi energetico). Quando un soggetto non rispetta le distanze appropriate con un altro soggetto quest’ultimo tenderà a comportamenti compensatori per evitare l’intimità, come ad esempio ridurre o evitare il contatto visivo, volgere il busto in direzione opposta o incrociare le braccia come segnale di indisponibilità al dialogo (Albas, 1991).
I luoghi costituiscono inoltre per le persone che li occupano un differente legame psicologico a seconda del grado di appartenenza e possesso sentiti, questo aspetto è conosciuto come territorialità. Per questa ragione ci si trova di fronte a comportamenti molto diversi da un territorio privato a uno pubblico. Negli spazi pubblici, l’assenza di possesso determina la mancanza di senso di responsabilità, perciò, ad esempio le persone non sentono il dovere di curarli e difenderli. Non è così per tutti ovviamente, anche questo aspetto dipende fortemente da connotati culturali e antropologici. Individui che condividono uno stesso territorio possono finire per identificarsi e assimilarsi come gruppo unito e coeso. Un vero e proprio attaccamento dei luoghi che consiste in un legame emozionale, un bagaglio di ricordi e mappe cognitive che danno un senso di possesso, identità e sicurezza. Gli spazi, i luoghi, divengono così non solo fonte di attaccamento, ma di vera e propria rappresentazione identitaria. Basti pensare al quartiere, alla città, al paesino, dove si è nati e cresciuti. Per quanto si possano non accettare molti aspetti del luogo in cui si nasce, sentirsi quasi estranei o scegliere per precisa volontà di abbandonarlo definitivamente, è molto raro non percepire una sorta di connessione affettiva con esso. Edifici, parchi, monumenti, negozi ed altre strutture costituiscono comunque fonte di attaccamento basata su ricordi ed emozioni. In questo senso diventa difficile negare un certo grado di appartenenza emotiva al luogo d'origine, e diviene dunque automatico legare tipici sentimenti nazionalistici sia individuali (“quella piazza fa parte di me..”) che collettivi (“un monumento così ce l’abbiamo solo noi..”).
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