Psicologia Ambientale e Terapie di Supporto (parte 4)
- Francesco Parretti
- 19 gen
- Tempo di lettura: 7 min
NATURA
Molte persone pensano che il concetto di natura significhi fruire delle piante in un parco, abbellire un terrazzo o semplicemente possedere un bel viale alberato che renda la zona più verde rispetto al resto della città. Non è proprio così. Natura è considerare la vegetazione, gli animali e il clima come connessi tra loro e all'individuo. Fromm (1964) tentò di descrivere l’attitudine fisiologica degli esseri viventi per tutto ciò che è vivo e vitale come parte integrante di una giusta società, come amore per la vita. Solo successivamente il sociobiologo Edward Osborne Wilson, coniò il termine Biophilia (1984) per esprimere una definizione ancora più specifica, ovvero la tendenza genetica degli esseri umani a concentrarsi e connettersi alla natura e alle forme di vita. In quest'ottica è certamente intuitivo che gli esseri umani rispondono positivamente al contatto, anche solo visivo, con piante, animali e luoghi naturali. Il contatto con ambienti naturali costituisce infatti il mezzo più efficace per attutire gli effetti dello stress e del dispendio psicofisico dovuti al contesto urbano. Questo perchè le persone in generale, per caratteristiche archetipe, innate e come estensione dei propri sentimenti, desiderano fortemente una relazione con spazi verdi, silenzio, animali e luoghi aperti. Allo stesso modo si spiega, inoltre, perchè sia universalmente diffusa la convinzione che una camminata, una corsetta o altri esercizi fisici in ambienti naturali siano considerati come rimedi efficaci contro lo stress.
Nonostante le opportunità lavorative e la ricerca di contatto spingano l'individuo a vivere in ambienti urbanizzati, i paesaggi valutati come più attraenti rimangono quelli in cui non sono presenti uomini né costruzioni. Secondo Bonnes (2003) l'attrazione innata dell'individuo per un ambiente naturale sta nel soddisfare il desiderio di esplorazione, di mistero e conoscenza. L'attrazione non si limiterebbe solo dunque a fattori comunicativi diversi dai contesti urbani, ma di un vero e proprio riflesso di un'area dell'inconscio che ha bisogno di trovare forma in uno spazio fisico esterno. Ancora una volta, in questo senso è più che lecito fare ritorno alle visioni di certe civiltà del passato e individuare in luoghi come templi e santuari una riconciliazione con questa esigenza. Dare forma propria a sensazioni ed esteriorizzarle verso un ambiente, un luogo, che le rappresenti è una necessità universale e comune a tutte le tradizioni. L'analisi, il percorso di trasformazione all’interno dell'individuo, assume solo in questo senso un’importanza fondamentale per la scoperta. Il mistero della natura e dei suoi luoghi diventa dunque imprescindibile per stabilire il richiamo e la connessione con essa.
Vivere nei contesti urbani è ad oggi sinonimo di privazione per tale simbiosi. L'architettura moderna si sta sforzando nel ricercare un innesto di natura che modifichi la percezione degli spazi cittadini. Tuttavia questa ricerca è sospinta più dall'interesse ecologico legato all'inquinamento e alla scarsa qualità dell'aria che alla necessità di contatto con la natura. Con l'avvento dell'industrializzazione, nell'ultimo secolo l'impatto artificiale sugli spazi vivibili ha creato una tendenza alla monotonia. Le stesse costruzioni architettoniche hanno trasformato il paesaggio urbano, passando da materiali come legno e pietra a leghe metalliche, cemento e plastiche. L'introduzione delle macchine e dei materiali industriali ha fatto scomparire dal nostro panorama percettivo la dimensione naturale e ha eliminato quella forma di presenza umana nelle cose. La successiva formazione del pensiero moderno, con i suoi modelli, ha poi portato alla rottura di tutto l'apparato culturale antecedente, ponte col passato ma anche e soprattutto con la natura. “Da troppo tempo ci siamo posti al di fuori della natura, dimenticandoci che rispondiamo agli stessi fondamentali fattori che controllano l’espansione delle altre specie. Abbiamo concepito il luogo dove viviamo come qualcosa di separato dal resto della natura, contro la natura. Ecco perché da come immagineremo le nostre città nei prossimi anni dipenderà una parte consistente delle nostre possibilità di sopravvivenza” (Mancuso, 2023).

MODELLI
Il comportamento passato influisce sul processo di formazione dell’abitudine (Bonnes, 2006). Quotidianamente mettiamo in atto azioni che sono portate avanti allo stesso modo rispetto ai giorni precedenti. Svegliarsi, mangiare, lavorare, dormire ad esempio vengono ripetuti sempre agli stessi orari rendendoci veicolo di un meccanismo perpetuo di reiterazione sociale. Il vantaggio dell’abitudine è proprio quello di evitare un’accurata elaborazione delle informazioni per decidere come agire e, dunque, fare economia delle nostre risorse. Quando stiamo mettendo in atto un comportamento abituale, possiamo impegnare la nostra mente per pensare ad altre cose. L'individuo tende per natura ad abituarsi alla quotidianità del proprio percorso, alla comodità della destinazione e degli orari quotidiani, trasformando così, attraverso la collettività, il modello e lo stile di vita della società e dell'ambiente in cui si colloca.
Un altro aspetto di fondamentale importanza è la personalizzazione. Personalizzare il proprio spazio difatti comunica aspetti di sé: attraverso la scelta di oggetti come cellulari o automobili, il modo di vestire, il quartiere in cui abitare, i mobili con cui allestire, la propria abitazione diamo una serie di informazioni specifiche di noi stessi e quindi della società. Il paradosso è che questo tipo di comunicazione, che dovrebbe rispecchiare le caratteristiche individuali è a sua volta frutto del modello sociale e di tendenza a cui l'individuo stesso è sottoposto. Pensiamo ad esempio alle mode in voga sui social media che deliano modi ed usi comuni per intere generazioni. Questo atteggiamento sociale è frutto di una visione comune che si delinea su mentalità che tendono all'uniformazione piuttosto che all'originalità e dunque al mantenimento di un'identità propria. Altresì per chi riesce a districarsi dall'ondata dei canoni prestabiliti, poter dare un tocco personale al proprio spazio riduce senz'altro la probabilità di insoddisfazione per l’ambiente stesso.
Un modello collettivo che si sta riscontrando molto ultimamente e che spesso porta l'individuo a comportarsi in maniera assoluta in determinati luoghi, è l'atmosfera. Per esempio, le componenti ambientali di un ristorante sono stimoli sensoriali che permettono ai clienti di dedurre valutazioni personali, come la qualità del cibo o del servizio. Anche in questo caso non si parla di un fenomeno oggettivo, ma sempre legato alla percezione e alla riproduzione dei canoni della società che ad esso associamo. Nell'esempio sopracitato, l’atmosfera del ristorante non diviene solo stimolo per i clienti, ma è anche la componente che influisce su qualcosa di molto più intimo, sul legame inconscio che abbiamo con la dimensione di casa e protezione. Vivere lo spazio di altri significa in qualche modo cercare punti di riferimento della nostra esistenza e questo non dovrebbe mai tradursi, come ormai è consuetudine, in pregiudizi.
CONCLUSIONI
L'atto comunicativo nell'abitare urbano è generalmente basato su uno scambio superficiale, privo di informazioni relative ai bisogni, ai desideri, alle opinioni e ai sentimenti. Il confinamento sta alla base dell'idea di spazio. In questo senso abitare il corpo, sentirne limiti e privazioni, costituiscono la condizione necessità a muoversi in direzione positiva, di miglioramento. L'ambiente urbano è riflesso del tessuto sociale, di contro gli spazi in natura non si rendono confine di nessuno. Possono e debbono essere vissuti come innesto alla nostra sensorialità, all'idea che abbiamo di spazio personale, perchè solo così è possibile assimilarne le qualità. Esistono oggigiorno svariate terapie a supporto di questa necessità e tutte nascono dalla sempre più diffusa richiesta di evasione nei confronti di stati d'ansia, rabbia, disagio e stress. L'ambiente urbanizzato non è certamente sempre sinonimo di connotazione negativa, quanto piuttosto di limitazione per le sue caratteristiche di confinamento e divisione degli spazi. A causa dell'industrializzazione nei secoli abbiamo assistito ad un totale annichilimento dell'aspetto naturalistico, che ci ha privato oltre che di un cospicuo bagaglio culturale, anche della nostra sensorialità. Rifacendosi alla filosofia e all'arte verrebbe in mente il senso nostalgico emerso dei romantici e dei preraffaelliti. Quel senso di ricerca per una natura perduta, ormai andata, oscurata dal manto della meccanica. Allora l'uomo era minacciato dalla paura del progresso ma al contempo anche ben desideroso di tornare alla sua dimensione naturale. Oggi invece tutto si è ormai stabilizzato in conformità e la stragrande maggioranza degli individui, pur sentendo la necessità di riappropriarsi di certi spazi, non riesce a focalizzarsi su questa ricerca. L’ambiente urbano tende alla vorticosità: influenza lo stato d’animo, l’umore e le percezioni del soggetto fino a condizionarne comportamenti e decisioni. La psicologia ambientale è la disciplina scientifica che chiarisce oggi questi meccanismi.
Nell’ottica della prevenzione, gli studi moderni di psicologia ambientale stanno aiutando a migliorare il benessere delle persone e a prevenire alcune problematiche anche molto importanti. Tuttavia è bene precisare che alcune culture ci hanno saputo fornire strumenti terapeutici in grado di supportare queste necessità fin dai tempi antichi, come nel caso di discipline quali taijiquan, qi gong, yoga e meditazione, ma anche in contesto occidentale con aromaterapia, musicoterapia, arteterapia, bioenergetica, danza, e più recentemente, la mindfulness. In questo senso una menzione particolare va alla terapia forestale, da sempre esistita ma oggi formalizzata con protocolli scientifici a sostegno dalla moderna psicologia. Passare tempo in foreste e parchi, o semplicemente contemplando la vegetazione e gli spazi, aiuta le difese immunitarie, riduce lo stress, diminuisce la pressione sanguigna, migliora lo stato d’animo e induce rilassamento. Trascorrere almeno 120 minuti alla settimana in natura, anche non consecutivamente, è stato associato ad una probabilità significativamente maggiore di buona salute e benessere, indipendentemente dall'età e da patologie croniche. La percezione nel bosco può essere praticata camminando consapevolmente, usando il respiro come centro dell’attenzione, osservando con accettazione l’ambiente circostante, annusando le essenze sprigionate dalle piante, toccando superfici e terreni, creando più in generale una connessione empatica con la natura coinvolgendo tutti i sensi del corpo. Molti individui percepiscono forte la necessità di riconnettersi a spazi vivi, in cui predominano aspetti inconsci che la persona sente propriamente in sé. La funzionalità ultima di un ambiente vergine è quella di dar sfogo a valvole normalmente chiuse per imposizione e regole, di riconnettere e riposizionare l'individuo al centro della sua personalità.

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